Riflessioni di un lupo della steppa

Howlsnow

Se il mondo ha ragione, se hanno ragione le musiche nei caffè, la gente americana che si contenta di così poco, vuol dire che ho torto io, che sono io il pazzo, il vero lupo della steppa, come mi chiamai più volte, l’animale sperduto in un mondo a lui estraneo e incomprensibile, che non trova più la patria, l’aria, il nutrimento.
(Steppenwolf, H. Hesse)

 

 
Al di la di quello che è sempre stato il mio modo di vedere la vita, le ultime vicende personali mi hanno aiutato a posare lo sguardo su molti aspetti prima trascurati. E’ incredibile quanto può aprire gli occhi (se si vuole vedere) fare un trasloco e soprattutto come l’ho fatto io, a piccoli pezzi, quasi una busta per volta.
Mentre ogni volta risistemavo le mie proprietà, guardavo sempre più meravigliato l’assurdità che mi si parava davanti. Ma quante “cose” avevo? Al netto dei libri (ok, la mia è una forma di tossicodipendenza libraria, lo ammetto senza vergogne), mi ritrovavo con decine di capi di vestiario, quantità di materiale per la barca, per la montagna, per la subacquea, per la grotta, per la scalata… Ma davvero usavo tutta quella roba? Ma davvero ne avevo bisogno?
No. Non la usavo, non ne avevo bisogno e forse non ne avevo mai avuto bisogno. Perchè la avevo, allora? Mi è apparso chiaro ed ovvio che tutta quella roba era il risultato di una patologia che dovevo curare.
Avendo deciso di guarire (ed è già 4/5 del lavoro), ho trovato che la cura era a portata di mano e che si chiama “decrescita”. Come per molti altri fenomeni à la page, Internet è prodigo di informazioni sulla “decrescita”, si va dal blog di Simone Perotti autore dell’apprezzabilissimo “Adesso basta”, a molti altri siti interessanti come Decrescita felice, Decrescita.it, etc.. Per farla breve, imparare come “decrescere” è possibile.

Ma che significa realmente, nella pratica, “decrescere”? E’ semplice confondere le cose associando la “decrescita” ad un ritorno alla vita medioevale, una società di cacciatori/raccoglitori che campa dei quattro ortaggi coltivati tra i sassi, scaldandosi davanti al bracere alla luce delle candele. No, nella sostanza “decrescere” significa solo avere consapevolezza ed attraverso questa, gestire deliberatamente la propria esistenza di “individuo senziente” all’interno di una società occidentale fatta per il “consumatore idiota”.
Francamente, per quanto mi riguarda, non è stato un percorso troppo difficile da intraprendere. Vivere senza privarsi di nulla, rispondendo alle proprie necessità certamente non soltanto materiali, passa solo per il riconoscimento dell’inconsistenza dei tanti finti bisogni appositamente creati per indurre un consumo inutile. Sotto molti punti di vista si tratta, quindi, di una liberazione. Oggi però, avendola assunta a stile di vita e riconoscendone il valore intrinseco, credo sia lecito e giusto che io mi ponga qualche domanda.

Si può fare? Si.
E’ difficile? No.
E’ un fenomeno positivo? Si.
Sarà utile alla società? No.

Perchè la “decrescita” non può funzionare da un punto di vista macroeconomico? Perchè (piaccia o non piaccia) la “decrescita” è e rimane un fenomeno elitario, da intellettuali se mi si passa il termine. Dalla stragrande maggioranza delle persone, nel prossimo futuro la “decrescita” non sarà vissuta ma subita e si chiamerà “povertà”.

Vedo la gente in fila alla Casa della Fraterna Solidarietà per una busta di cibo con due cellulari in mano
Vedo che la folla va a passeggiare la sera nei centri commerciali
Sento l’altoparlante di Auchan che mi rassicura sul fatto che se la mia macchina è troppo piccola per il televisore nuovo, non c’è problema
Scopro che esistono reality sulla “shopping mania”
Vedo i negozi che acquistano oro “usato”

Sento che non c’è speranza.

Informazioni su penrico

Living in Alghero, Sardinia
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2 risposte a Riflessioni di un lupo della steppa

  1. Roberto ha detto:

    Sai cosa scriveva Jackson Browne nei lontani anni ’70?

    “I’m gonna be a happy idiot, and struggle for the legal tender
    where the ads take aim and lay their claim to the heart and the soul of the spender
    And believe in whatever may lie in those things that money can buy
    Though true love could have been a contender
    Are you there? Say a prayer for the pretender
    Who started out so young and strong only to surrender”

    Ciao, caro amico

  2. Mauro Levrini ha detto:

    Io inorridisco all’idea di un trasloco! Per questo mi viene da ridere se qualche agente immobiliare mi chiede se ho intenzione di cambiare casa! Non è tanto per la “roba” per me, che uso 3 paia di pantaloni 4 felpe, 3 camicie, 4 polo, una decina di magliette, 3 giubbotti e 3 paia di scarpe (oltre naturalmente un po di biancheria intima). Quella impressionante è la quantita di materiale, accumulato nel tempo, e funzionale alla manutenzione di casa o alla raccolta di attrezzature, attrezzi, borse, valigie, suppellettili, stoviglie… e alle cose atte a contenere il tutto. In casa sembra non faccia altro che costruire cassapanche, librerie, soppalchi e scaffali in garage e cantine… che si riempiono subito, metre altri mucchi di roba attendono una sistemazione.
    Drammatico!
    Tutto questo deriva un po’ dall’atavica abitudine a non buttar via niente che abbia una remota possibilità di utilizzo e un po’ dal fatto che quando sono mancati i miei genitori abbiamo svuotato 2 alloggi quasi in analoghe condizioni… Quando hai la fissazione di “far da te” quasi tutto, che alla fin fine è un gran risparmio se lo sai fare, solo di attrezzi, che vanno dal martello alla sega circolare da banco, ne ho da far invidia a una ferramenta… altro che decrescita! 😉

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